martedì, aprile 03, 2007

NAPOLI 11 APRILE PRESENTAZIONE LIBRO DI EMANUELE OTTOLENGHI

IL DENARO
l'Associazione Italia-Israele, il Centro Studi Volcei e la Rivista LIBMAGAZINE

invitano alla presentazione del libro di

Emanuele Ottolenghi

"AUTODAFE' - L'Europa, gli ebrei e l'antisemitismo" - Lindau 2007

prefazione di Magdi Allam

Napoli 11 aprile 2007 ore 17,30

Sala conferenze del giornale IL DENARO

Piazza dei Martiri n° 58 - Palazzo Partanna

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Saranno presenti con l'autore:

presentazione: Arch. Fabrizio Gallichi - Consigliere nazionale Unione Comunità Ebraiche Italiane

Relatori:

On. Umberto Ranieri - Presidente Commissione Esteri della Camera dei Deputati

Sen. Prof. Luigi Compagna - Università LUISS Roma

Prof. Antonio Landolfi - Direzione nazionale Rosa nel Pugno

Prof. Francesco Lucrezi - Associazione Italia -Israele

modera: avv. Giuseppe Nitto - Direttore Centro Studi Volcei

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«È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio.»
Albert Einstein

Emanuele Ottolenghi
Autodafé
L’Europa, gli ebrei e l’antisemitismo
con la prefazione di Magdi Allam

«Auto da fe = dal portoghese «atto della fede»; 1786. In Spagna, durante l’Inquisizione, era la proclamazione solenne della sentenza dell’inquisitore seguita dall’abiura pubblica o dalla condanna dell’eretico, generalmente l’esecuzione sul rogo. Molti di coloro che perirono in Autodafé furono ebrei che si autoincolpavano pubblicamente e che affrontavano le fiamme purificatrici dei roghi inquisitori.

Quando si parla di antisemitismo oggi, il pensiero corre alle persecuzioni degli anni ’30 e ’40 del secolo scorso, sfociate nell’Olocausto. E il confronto con l’oggi porta a concludere che quel problema è stato sostanzialmente superato, o riemerge in forme episodiche e molto circoscritte.

Ma l’antisemitismo a sfondo razziale, così intimamente associato al nazismo, rappresentò un’aberrazione rispetto all’odio antiebraico che lo aveva preceduto.

Tutte le più vecchie forme di pregiudizio antiebraico avevano in realtà un altro elemento in comune: per gli antisemiti, gli ebrei avevano «un problema» (di natura religiosa o sociale, o socio-economica, o storica), che era parte della loro identità e che costituiva un ostacolo alla loro piena integrazione nella società. Essi avrebbero potuto «salvarsi» convertendosi, assimilandosi, o unendosi alle forze della rivoluzione. E, in effetti, in tutti quei casi in cui gli ebrei cedettero al doppio ricatto di minacce e lusinghe, ottennero non solo uguaglianza e integrazione, ma spesso alte cariche e importanti onorificenze.
L’antisemitismo attuale è una variante di questo vecchio pregiudizio: trova come scusa non un supposto tratto biologico malvagio, bensì un’opinione e un comportamento degli ebrei nei confronti d’Israele che è espressione prima di tutto della loro identità. Nel clima attuale, si assiste insomma all’emarginazione di ebrei filo-israeliani o a una crescente pressione su di loro perché abbandonino le loro posizioni su Israele e Medio Oriente e si conformino al paradigma dominante. Le loro opinioni trovano sempre meno spazio sui giornali europei ed è possibile che la narrativa storiografica revisionista che forma il nucleo accademico di delegittimazione d’Israele vinca la battaglia dei libri di testo negli atenei e trionfi sugli scaffali delle librerie (rendendo sempre più precaria tra le elite la posizione di Israele e degli ebrei che lo sostengono).

Esistono ancora oggi, si domanda dunque Emanuele Ottolenghi, ebrei «odiatori di se stessi»? Esistono intellettuali ebrei che vivono in Europa e che ancora si autodenunciano, fanno atto di costrizione e pubblicamente abiurano qualsiasi loro legame con Israele, al fine di essere socialmente «più accettabili»? Esiste un clima culturale dal quale ci si può attendere l’emarginazione di quegli ebrei filo-israeliani che decidano di non rinnegare le proprie origini, il proprio passato e il proprio popolo, cioè che scelgano di non compiere un moderno autodafé intellettuale, consumato non nelle fiamme ma nell’atto di abiura? Esiste infine un antisemitismo che si può descrivere come l’odio di se stessi che molti ebrei oggi provano a cagione di Israele?

Su questo aspetto del fenomeno mancava una trattazione sistematica e profonda.

Emanuele Ottolenghi, in questo suo primo libro, frutto di anni di ricerca e di discussioni, compie un atto coraggioso, e organizza la sua analisi del segno odierno e manifesto del pregiudizio, dell’odio antisemita, intorno alla centralità del ruolo degli «ebrei odiatori di se stessi» e del meccanismo di delegittimazione e demonizzazione d’Israele che essi stessi più o meno consapevolmente ingenerano, e di quegli ebrei che osano sostenerne e condividerne le ragioni se non addirittura il destino.


«A Ottolenghi va il merito di averci offerto una documentazione oggettiva e obiettiva, con nomi e cognomi, citazioni testuali e analisi argomentate, su quella che è a mio avviso la tematica centrale della principale emergenza internazionale: la radice dell’odio nei confronti di Israele. Perché soltanto conoscendo questa realtà nella sua integralità e complessità, senza mistificazioni e ipocrisie, potremo insieme riscattarci dal baratro etico che ha finito per trasformare l’Europa nella roccaforte di quel “politicamente corretto” che ci sta consegnando ai nemici della libertà e della democrazia.»
Magdi Allam

Emanuele Ottolenghi è nato a Bologna nel 1969. Ha conseguito la laurea in Scienze Politiche all’Università di Bologna e un Ph.D. all’Università Ebraica di Gerusalemme. Dal 1998 al 2006 ha insegnato Storia d’Israele all’Università di Oxford, dov’era Leone Ginzburg Senior Fellow in Israel Studies presso l’Oxford Centre for Hebrew and Jewish Studies e il Middle East Centre del St. Antony’s College. Da settembre 2006 dirige il Transatlantic Institute di Bruxelles.